Conservata nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, la meravigliosa pala d’altare tardo rinascimentale della Vergine in trono con Bambino fra i santi Pietro e Paolo, è opera del modenese Simone Carretta, attivo a Lucca dal 1540.

L’attività del pittore modenese Giovan Simone Carretta si trasferisce in ambito lucchese almeno a partire dal 1553, anno in cui l’artista risulta nell’elenco dei confratelli della Compagnia di San Michele a Camaiore.

L’attività lucchese del Carretta è ampiamente ricostruibile dai documenti grazie al fondamentale contributo di Giuseppe Ghilarducci (I Carretta. Una famiglia di artisti attivi a Lucca nella seconda metà del Cinquecento, in Lucca città d’arte e i suoi archivi, a cura di M. Seidel e R. Silva, Atti del convegno, Firenze – Lucca 25-29 settembre 2000, Venezia 2001, pp. 307-316). Al consistente numero di documenti, prevalentemente commissioni per pale d’altare spesso completate da complessi tabernacoli lignei realizzati da altre personalità artigiane o dalla bottega familiare, non corrisponde un altrettanto nutrito numero di opere rimaste fino ad oggi.

In circa un trentennio, a partire dal 1540, Simone Carretta, che sempre ricorda accanto al nome la sua origine modenese, lavorerà per le chiese della provincia e della città di Lucca dove probabilmente realizza, per la chiesa di San Salvatore, il dipinto con “L’Incoronazione della Vergine”, attribuitogli dal Ghilarducci.
In questo dipinto lucchese il Carretta, secondo una modalità consueta al suo stile, cita, rivisitandola con il suo linguaggio colorito e incline alla forte caratterizzazione dei personaggi, la grande tavola di Francesco Raibolini, detto il Francia, della chiesa di San Frediano, datata intorno al 1515.

 

Nell’ancona di Trassilico è presento il medesimo gusto per la citazione da dipinti noti, perchè presenti in città oppure perchè conosciuti dagli artisti grazie a repliche o a stampe.

  • nella lunetta: Padre Etemo benedicente fra angeli oranti;
  • nella predella: quindici santi;
  • sulle basi delle lesene: angelo annunciante e vergine annunciata.

Il tabernacolo ligneo è sfarzosa opera di intaglio dorato con repertori decorativi di grande eleganza e resa plastica.

Ai lati della predella due iscrizioni ricordano il nome del pittore, quello dell’intagliatore, la data di esecuzione delle parti lignee e il committente:

 

Simon carretta cittadino di / modena ha dipinto questa taula maestro giovanni da st(a)zzema ha fat / to el legnamo

Hoc opus fecit fieri presbiter / nicolaus de fra(n)chnis selicagnane / re (ct)or et op(er) aius dicte ec(c)lesie die xviii jumi mdlxviii.

La data del 1568 si riferisce alla conclusione del tabernacolo: sappiamo infatti che i due dipinti erano già terminati due anni prima, nel 1566, quando furono stimati dai due periti nominati dall’Opera e dall’autore.

La pala è stata oggetto di un approfondito intervento di restauro, realizzato tra il 1999 e il 2005, promosso dalla Comunità di Trassilico e reso possibile grazie alla Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. di Lucca e Massa Carrara, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, alla Fondazione Banca del Monte ed al Comune di Gallicano.